
Identico copione, uguali modalità, diversi vettori. Gli esperti sono sempre gli stessi, per carità non illudiamoci, non sono mai andati via ma rimasti qua, a origliare dietro gli usci delle nostre paure. Le sanno tutte, previsioni metereologiche, quante dita conta una mano e il numero civico della loro dependance nuova di zecca, che non è l’artropode ma il sangue e l’entusiasmo che ci stanno succhiando.
E scambiare il cane della prateria (roditore) con il cane (Canis lupus familiaris Linnaeus) è a sfavore della credibilità, ma tanto è, loro sono ancora là e noi siamo un po’ più nell’aldilà.
“Se non siete ancora morti, morirete adesso”, prepariamo epitaffio e coccodrillo (fortunato chi ha un curriculum confezionato) e pensare che di tutto questo le scimmie hanno detto di non saperne niente – i discendenti sì – povere scimmie, torturate, svenate e denigrate.
E così lanceremo i cani dal balcone dopo aver loro promesso amore eterno – occhio all’auto e al triciclo del vicino altrimenti vi costa caro; i gatti dalla finestra – ma dovrete ripeterlo sette volte prima che l’operazione riesca; vi libererete dei pappagalli (non quello, fra poco tornerà utile) e dei canarini – e sarebbe cosa buona e giusta, ricordate come si stava, chiusi in 4 x 4 mt, e davamo già di testa (ora come allora).
“Se non ubbidisci muori” tesi ampiamente confutabile perché “tutti dobbiamo morire”… magari senza fretta e con calma.
Io vorrei morire domani, senza la mannaia sulla testa, il tempo di fare testamento se mai mi restasse qualcosa, di comprare il vestito per il viaggio, le scarpe non servono dicono che di là si vola, come sulle montagne di quella nazione lì che se la pronunci ti tagliano il gas (sempre che non sbaglino mira).
E non devi pensare, non devi pronunciare, respirare quanto basta, fra poco una doccia al mese, un po’ come i nostri trisavoli e per scaldarti puoi correre cento volte intorno all’isolato.
Di certo morirò ma di insofferenza a quelcherestadegliumani.
Prima o poi il colpo apoplettico verrà anche a me – e già vedo qualcuno sfregarsi le mani e io non ho nulla da toccare, per nascita.
“Ricordati che devi morire” e io me lo segno ogni giorno, sono stata alla scuola di Troisi, e ogni giorno ringrazio per avere ricevuto un’altra opportunità prima di andare in pace, lontano da tutto questo male.
Ogni giorno osservo il mondo oltre questo (im)mondo, penso ai miei figli – il motivo per lottare e restare – li chiamo, li ascolto, mi rigenero e dico che c’è ancora tempo per farmi ammazzare.
E dico che per morire bisogna prima vivere, possibilmente senza corvi sulla testiera del letto, meglio un gallo a ricordarci che nasce un altro meraviglioso giorno.
E non liberatevi anche del gallo o non ci sarà nessuno a risvegliarci e dormiremo il sonno senza sogni.
La disubbidienza contemporanea è nel “ricordati che devi vivere”… moriremo domani
Atto unico
Oggi rimango a letto
un libro, un giornale a cena
mi basta non parli d’aria
di maschere e pièce teatrali
reti da navigare
web da somministrare
drammi da deglutire
permessi da ammanettare
poesie da mercanteggiare
pensieri da censurare.
Inspiro profondo
vivo
nel verso d’un mio destino.
Off line.
Maria Teresa Infante